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UN CALCIO ALLA GUERRA

C'è stato un momento in cui l'umanità ha prevalso sulla guerra, sullo spargimento di sangue che era ormai diventato all'ordine del giorno.

Si sta combattendo la Prima Guerra Mondiale, è la vigilia di Natale del 1914 e in Belgio, da ormai cinque mesi, Inglesi e Tedeschi stanno combattendo sul fronte occidentale. Anche in quella giornata il rumore terribile degli spari aveva messo fine alla vita di qualche uomo. Quella notte però accadde qualcosa di surreale. Dalle trincee tedesche si solleva un dolce canto natalizio che spezza il gelo della notte. Gli Inglesi rimangono attoniti e qualcuno di loro perfino si commuove. Quando alzano la testa per vedere cosa sta succedendo al di là del filo spinato, ad una cinquantina di metri di distanza dalla loro postazione, scorgono degli alberelli di Natale illuminati da candele e lumini, disposti sopra le trincee avversarie. Poi il canto si interrompe e dalla trincea tedesca qualche soldato si alza ed esce allo scoperto con le braccia al cielo in segno di pace. Alcuni Inglesi imbracciano i fucili temendo la trappola, ma il loro capitano ordina di non sparare, uscendo anch’esso dalla trincea e andando incontro al nemico.

Torna pochi minuti dopo con un sigaro tedesco in bocca, mentre pian piano i soldati seguono il suo esempio, avanzando verso la cosiddetta “terra di nessuno”, scambiandosi auguri e doni con coloro con i quali poche ore prima avevano tentato di uccidersi. Si rendono conto di essere uomini con paure e preoccupazioni comuni, si rendono conto che il loro nemico non è altro che un loro simile che indossa una divisa diversa dalla loro. Decidono addirittura di fare una tregua per il giorno di Natale. Al loro risveglio avviene quanto detto e dagli zaini degli Inglesi, conosciuti come i maestri del calcio, spunta una palla composta da stracci. In un attimo i cappotti fungono da porte e tutti i soldati cominciano a rincorrersi, come erano soliti fare anni prima nelle piazzette delle loro città d’origine, prima di arruolarsi nell’esercito, quando l’orrore della guerra non era ancora entrato a gamba tesa nella loro vita.

Le partite occuparono quasi tutta la giornata e l’odio lasciò spazio alla gioia della condivisione. Il filo spinato che in quei mesi era stato il dividendo tra le due fazioni in quella cinquantina di metri sembrava non essere mai esistito. Tutto terminò con lo sparo di un cannone, il quale mise fine a quella memorabile giornata, poiché per i capi supremi quella inutile e scandalosa tregua era durata fin troppo…

Ci tengo molto a sottolineare il ruolo che ha lo sport, in questo caso il calcio, nella vicenda.

Lo sport ha il potere enorme di unire persone che non si conoscono, le quali possono divertirsi insieme praticandolo, dimenticandosi ogni possibile differenza che li distingue. Spesso e volentieri però sentiamo ancora notizie di violenza negli stadi, di episodi di discriminazione razziale e territoriale che fanno riflettere su come l’uomo sia ancora molto arretrato culturalmente, facendosi dominare dal suo istinto primitivo piuttosto che dal buonsenso. Quegli eroici soldati del 1914 inconsapevolmente ci hanno dato un grande insegnamento.

Chissà quanti di noi praticano uno sport e non si sono mai fermati un attimo a riflettere su quante persone e amici hanno potuto conoscere grazie ad esso, a quanto sia una vera e propria palestra di vita che ci spinge a volerci sempre migliorare, a sacrificare tempo, a spendere energie e cambiarci come persone, facendo uscire lati di noi che nessuno aveva mai visto, forse nemmeno noi stessi…



di Alessandro Benni , articolo tratto dall' uscita n. 1 (Dicembre) a.s. 2018/2019

"Vivi e lascia vivere"- Proverbio

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