Lei è Griet, meglio conosciuta come “La Ragazza col turbante” famoso dipinto realizzato nel 1665, oggi definito “la Monnalisa olandese” come tributo alla straordinaria abilità artistica del pittore Jan Veemer, autore dell'opera. Griet è il nome che ho scelto di rivelarvi, in
quanto molti non sanno che questo misterioso dipinto e il suo autore sono stati
oggetti del rinomato romanzo “La Ragazza con l'orecchino di perla” (1999)
dell'autrice statunitense Tracy Chevalier, colei che ha scelto di interpretare
il quadro attraverso una storia d'amore molto profonda e misteriosa. Noi vediamo
la Griet ripresa nel romanzo; una giovane ragazza della campagna protestante
dell'Olanda Meridionale seicentesca: ella è una fanciulla umile, che indossa
abiti semplici e presenta elementi riconducibili ad uno stile di vita condotto
ai margini della società. Ma tutto ciò al nostro occhio passa in secondo piano
nel momento in cui il nostro sguardo cade sull'orecchino scintillante, le cui
bianche perle risplendono nel buio. E Cosa significano quelle perle? Griet, nel
romanzo, ha fin da subito un'attenzione particolare nei confronti dell'arte, di
cui però conosce ben poco, e dei dettagli. È una visione ricca di fantasia e
speranza di una giovane ragazza che, seppur consapevole della sua condizione
sociale, immagina una vita diversa, felice e piena d'amore. E tutto ciò
arriverà, ma sotto forma di un intenso cambiamento. Griet instaurerà uno
stretto, ma pur sempre composto, rapporto con Jan Veemer (l'autore effettivo
del quadro) che le farà conoscere il mondo dell'arte, della pittura e
dell'osservazione minuziosa delle meravigliose piccolezze che ci circondano.
Per concludere, ho scelto di interpretare anch'io quest'opera, perché trovo nelle
figure della ragazza del quadro e del personaggio di Griet molti legami con le
esperienze che caratterizzano la nostra giovane età. Noi siamo costantemente
oggetti del cambiamento: un giorno ci svegliamo in un modo e vediamo la realtà
secondo un certo punto di vista e il dì seguente in un altro; raccogliamo dalle
nostre giornate il meglio e anche il peggio che ci si presenta e, a piccoli
pezzi, l'uno sopra l'altro, riusciamo a sommare le piccole cose, per formarci
come individui capaci di pensare al domani, senza paura di quello che potrà
succedere. Questa è l'età in cui noi possiamo sbagliare, tentare e ritentare,
arrenderci e trovare qualcuno che ci aiuti a riprovare; è l'età in cui il
cambiamento non ci deve separare, bensì unire; è l'età in cui possiamo cambiare
senza avere paura e possiamo farlo senza temere il giudizio degli altri, che
probabilmente temono quanto noi le conseguenze dei cambiamenti.
di Eleonora Favaretti uscita n.1 a.s. 2019-2020, dicembre 2019
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