In questo periodo della storia caratterizzato da numerosi conflitti in corso nel mondo tra governati e governanti non è difficile notare come questi, nonostante le loro diverse cause di scoppio, siano in primis scatenati dalla percezione generale di ingiustizia e di disuguaglianza rispetto alle classi più benestanti, spesso coincidenti con le élite. Tale percezione porta con il tempo i soggetti di uno stato a diminuire la loro fiducia nei confronti degli organi politici eletti e legittimati dalla loro volontà. Il malessere diffuso e persistente nel tempo all’interno di una popolazione fa sì che l’autorità politica trovi sempre più una maggior difficoltà a imporsi sugli altri individui, arrivando talvolta all’esercizio della forza per contrastare le rivolte suscitate, appunto, dal senso di ingiustizia generalizzato appena accennato. È questa, a mio parere, la massima espressione di fallimento di uno Stato, che si ritrova così a combattere una guerra contro i suoi stessi cittadini, contro coloro che per principio dovrebbe tutelare e proteggere. A tal proposito si possono citare le parole del presidente cileno Sebastiàn Pinera pronunciate il 20 ottobre scorso, subito dopo l’entrata in vigore del coprifuoco alle sette di sera per far fronte alle rivolte iniziate 5 giorni prima in un prestigioso liceo della città:
“Siamo in guerra contro un nemico potente”
Da questa frase dal tono belligerante possiamo mettere in evidenza 2 aspetti. Il primo è l’evidenza dell’estremo tentativo da parte dell’autorità statale di imporsi sui cittadini per ristabilire l’ordine, arrivando a considerare nemico lo stesso popolo cileno, sceso in strada a manifestare la sua rabbia nei confronti delle cattive scelte politiche adottate, andando contro la ragione di esistere dello Stato, ossia il principio per il quale esso esiste al fine di tutelare la persona e le libertà di ogni suo cittadino. Il secondo è il carattere ostile delle manifestazioni nei confronti del Governo Pinera, che mette in luce una frattura inconciliabile tra popolo e organi di potere. Non è un semplice conflitto tra due parti caratterizzato da scopi e interessi diversi contrastanti, ma una vera e propria battaglia condotta per instaurare delle nuove manovre economiche-sociali in grado di stabilire quel welfare state da troppo tempo desiderato: una sanità e istruzione pubbliche efficienti e adeguate a un paese a
reddito medio-alto come il Cile; una miglior redistribuzione del reddito in grado di abbassare ulteriormente il coefficiente di Gini (attualmente il migliore di tutta l’America latina e dei caraibi con 0,48/1), e di renderla quindi più equa tra i suoi membri. Questo è ciò che desidera il popolo cileno: l’affrancamento da una situazione di disagio rimasta statica per troppi anni. La rabbia, si sa, è un sentimento presente in qualsiasi essere umano.
Essa può essere suscitata in un individuo in diversi modi: uno sgarbo, un gesto, un’azione mirata a infastidire il suddetto. Può anche sorgere da fattori come lo stress o una giornata storta. Concentriamoci ora su quest’ultimo aspetto. A tutti è capitato almeno una volta nella vita di vivere una giornata non molto bella e, di conseguenza, di non sentirsi molto disposti a intrattenere delle conversazioni con i propri colleghi al lavoro o a scuola. La domanda che secondo me bisogna porsi ora riguarda le cause di questa giornata no: da cosa ci si sente infastiditi? La risposta può essere collegata a fatti straordinari accaduti solamente in quella determinata giornata, facendoci percepire negativamente l’esperienza di vita soltanto
nell’arco di essa. Dall’altra parte però la causa del proprio mal umore potrebbe essere derivata da uno o da un insieme di problemi che caratterizzano la quotidianità in cui ci si ritrova a vivere. In questo caso appena accennato si passa da una frequenza occasionale a una molto più frequente del verificarsi delle cause scatenanti del proprio malcontento. Facciamo due esempi analoghi: talvolta può capitare che la viabilità all’interno di una città venga sensibilmente modificata per più giorni per via della manutenzione delle infrastrutture. Ciò può comportare una discreta irritazione degli automobilisti, ma essa rimane limitata a quel breve periodo che cesserà una volta che i lavori saranno completati. Altro caso è invece quello provocato da infrastrutture danneggiate che, per questioni economiche o burocratiche, vengono lasciate per lunghi periodi a deteriorarsi ancora di più, recando così danno alla viabilità e rappresentando un serio pericolo per l’incolumità altrui. È facile ora osservare come il disagio ora non sia più qualcosa di limitato a una o a un piccolo gruppo di persone, ma incomincia a estendersi tra i membri di una collettività. Si può dire insomma che il disagio all’interno di una popolazione sorga a seguito del perdurare di una situazione che non consente a questa di usufruire a pieno delle proprie libertà. Ciò diventa particolarmente grave se riguardante beni di prima necessità, come viveri e medicine. Questo ultimo caso si verifica spesso a seguito di un aumento vertiginoso del tasso d’inflazione, come ad esempio in Venezuela nel corso dell’estate del 2018, quando
l’inflazione raggiunse il livello record del 40.000%. Secondo un sondaggio di Euronews di quel periodo, con uno stipendio minimo mensile, che si aggirava sui 5 milioni e 200 mila bolìvares, pari a 1,30 euro, era possibile acquistare 1 kg di patate o pomodori, 5 tazzine di caffè e mezzo hamburger. Con il perdurare del disagio incrementa allo stesso tempo la sfiducia nei confronti dei governanti eletti, facendo affermare sempre di più la convinzione di non essere presi in considerazione. Emblematico è, nel caso del Cile, lo scandalo mosso da una fotografia scattata in un ristorante italiano a Santiago ritraente il presidente Pinera
intento a cenare assieme ad alcuni suoi famigliari. Com’è possibile che mentre infuriavano gli scontri fra dimostranti e forze dell'ordine Pineras fosse seduto lì a gustarsi una cena in piena tranquillità assieme alla sua famiglia? Come può un Capo del Governo avere una tale nonchalance nei riguardi di eventi così seri? Questa è stata la domanda che in molti si sono posti. Da questo esempio si può capire non solo quanto sempre più spesso un’immagine sia in grado di giustificare la rabbia degli “oppressi “e a promuovere i conflitti, ma soprattutto come i social media stiano diventando sempre più frequentemente delle armi letali da
utilizzare contro quei soggetti che creano ingiustizie/ disuguaglianze all’interno di una società. Insomma: se nel 1793 la Rivoluzione francese venne compiuta attraverso l’uso incessante della ghigliottina, oggi le rivoluzioni dei tanti contro quei pochi potenti vengono compiute attraverso lo spietato uso di Facebook, Twitter e Instagram.
di Armando Russo uscita n.1 a.s. 2019-2020, dicembre 2019
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