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Conta fino a dieci

Mi è capitato, mentre tornavo a casa da scuola, di sentire in tram una ragazza che esprimeva il proprio dissenso all’amica per una foto postata da terze parti in un social. Non è stata l’ estrema curiosità ma semplicemente l’ elevato volume del tono di voce che mi ha portata a comprendere di che genere di foto stessero parlando.

Stavano giusto facendo commenti poco carini su di una foto che ritraeva una ragazza che aveva il girovita più largo del loro. Ridevano e scherzavano divertite di come un simile post avesse potuto ricevere così tanti like e feedback positivi dato che la ragazza in questione era una “balena”, la quale, nonostante la sua taglia 48 si era permessa di postare una foto di sé in completa libertà.

Non credo di riportare un episodio fuori dal mondo, a tutti sarà capitato di ascoltare discorsi simili, o anche di appoggiarli perché “è la semplice verità”. Per mia fortuna, o per mia sfortuna, non posso sapere se le 2 ragazze si sono limitate a sparlare o hanno anche commentato esprimendo la loro idea al riguardo. Molto spesso accade che le persone scrivano i loro pareri, positivi e negativi che siano, sotto i post di cui sono interessati e fino a qui, apparentemente il problema non sussiste.

Nel momento in cui il commento si trasforma in un insulto allora la questione diventa più delicata.

Essere consapevoli che postando una foto si possono ricevere giudizi e critiche è ben diverso dal giustificare qualsiasi tipo di offesa.

Ma cos’è che porta le persone a scrivere delle offese sotto i post altrui? Gli standard e il terrore di non essere riconosciuti.

I social, più di qualsiasi altro mezzo ormai, ci inondano costantemente di immagini, di prototipi secondo i quali, se non sei alta, snella e non hai la pancia piatta, non puoi permetterti e prenderti il lusso di postare una foto intera di te stessa. Ci sono così tante immagini di ragazze photo shoppate che indossano bikini hawaiani o di ragazzi che sembra siano stati gonfiati con la pompa per le ruote della bicicletta, e tutto questo, per quanto assurdo, è il modello a cui la maggior parte delle persone punta o da cui è mentalmente condizionata.

Viviamo in un mondo fetente che ci vuole sempre tutti al top, al massimo, sempre perfetti nelle foto che postiamo, anche se non rispecchiano per nulla la realtà.

E se non sei alta, snella e con la pancia piatta? Devi compiangerti perché non ricalchi uno stereotipo? Devi leggere sotto i post che pubblichi commenti del genere “sei grassa” o “copriti” ?

Mi appello alle parole di una blogger che ammiro molto, Camihawke, quando mi chiedo “Ma davvero nel 2018 considerare una ragazza bella significa solo considerare la sua bellezza esteriore”?

Mi sembra scontato pensare che in una piattaforma una persona si mostra principalmente per l’aspetto estetico e quindi in base a quello viene giudicata ma, offenderla e deriderla perché non ricalca uno stereotipo non mi sembra per nulla ovvio e banale.

Alcune persone cresceranno con il costante terrore di mostrare come sono realmente per quella volta in cui @tizia457 in una delle tante sere in cui non aveva nulla da fare, ha commentato un loro post scrivendo che la faccia della ragazza o del ragazzo in questione assomigliava a quella di un cavallo. Un semplice accostamento di poche parole, scritte da parte di una persona piccola come una formica schiacciata dal peso ingente di una società in cui non sa esistere senza omologarsi, ne portano un'altra a stare davvero male leggendole.

I social sono nati per far sì che le persone potessero comunicare più facilmente, ma mi sembra che, più il tempo passa, più i social diventano uno strumento per dividere e allontanare le persone.

Facciamo attenzione all’uso delle parole, quelle che diciamo, quelle che scriviamo, poiché le nostre parole sono spesso generatrici di un effetto farfalla: il nostro giudizio superficiale può plasmare in maniera profonda la mente di qualsiasi altro individuo che avrebbe preferito una parola gentile a un’ offesa immotivata.


di Klaudia Stellato uscita n.2 a.s. 2018-2019, febbraio





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